La Suprema Corte con due sentenze, la n. 2905 e la n. 2942 del 2019, ha sancito che entrare nel profilo Facebook del proprio partner, che abbia spontaneamente comunicato le proprie credenziali di accesso, è comunque un reato se questo avviene contro la sua volontà configurandosi così l’accesso abusivo a sistema informatico, reato a tutela della libertà individuale previsto dall’art.615 ter del Codice penale, ai sensi del quale “chiunque si introduce abusivamente in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la pena della…”
A parere dei giudici di legittimità, la “circostanza che il ricorrente fosse a conoscenza delle chiavi di accesso della moglie al sistema informatico quand’anche fosse stata quest’ultima a renderle note e a fornire, così, in passato, un’implicita autorizzazione all’accesso – non escluderebbe comunque il carattere abusivo degli accessi sub iudice. Mediante questi ultimi, infatti, si è ottenuto un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante rispetto a qualsiasi possibile ambito autorizzatorio del titolare dello ius excludendi alios, vale a dire la conoscenza di conversazioni riservate e finanche l’estromissione dall’account Facebook della titolare del profilo e l’impossibilità di accedervi ”.
L’altro reato configurabile è quello di sostituzione di persona.