La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con sentenza n. 14987 del 13 maggio 2020 ha affermato che, in tema di revisione, la sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d. lgs. n. 36 del 2018 non costituisce prova nuova ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione.
I Giudici di legittimità, ritengono che “deve ritenersi, in assenza di una norma transitoria del d.lgs. n. 36/2018 che abbia regolato situazioni come quella qui in esame, che l’intervenuto mutamento della condizione di procedibilità del reato non può certo assimilarsi al concetto di “nuova prova” rilevante ex art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. ai fini di una richiesta di revisione di sentenza la cui irrevocabilità sia intervenuta prima dell’intervenuta modifica normativa”
E conclude “in considerazione della natura mista (sostanziale e processuale) dell’istituto della querela, deve applicarsi il disposto dell’art. 2, comma 4, cod. pen., secondo il quale «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo … » tenendo però conto del fatto che nel caso in esame opera l’insuperabile sbarramento contenuto nell’ulteriore inciso della medesima norma «salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile».”