La Suprema Corte, Quarta Sezione Lavoro, con sentenza n. 10414 del 01 giugno 2020, stabilisce che nell’ipotesi di trasferimento di azienda in accertato stato di crisi aziendale, ai sensi dell’art. 2, comma 5, lett. c) della l. n. 675 del 1977, ovvero in amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività (come, nella specie, per la cessione di parte del compendio aziendale da Alitalia C.A.I. a Alitalia S.A.I.), l’accordo sindacale ex art. 47, comma 4-bis, della l. n. 428 del 1990, può prevedere deroghe all’art. 2112 c.c. concernenti le condizioni lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario, in attuazione della direttiva 2001/23/CE.
In particolare, secondo gli Ermellini, “la Corte di giustizia ha chiarito come il criterio determinante da seguire sia quello dell’obiettivo perseguito dai procedimenti di trasferimento, per cui le garanzie inderogabili previste in favore dei lavoratori della società cedente trovano applicazione qualora si sia deciso il proseguimento dell’azienda, mentre non trovano applicazione quando il procedimento di trasferimento sia finalizzato alla liquidazione del patrimonio e al soddisfacimento dei creditori, sia dominato da interessi pubblici e caratterizzato da un amplissimo controllo giurisdizionale, che si accompagna a forme incisive di amministrazione e di commissariamento, con la privazione del potere dell’imprenditore di amministrazione e disposizione del patrimonio aziendale”
Continuano, “Rileva come l’adozione della CIGS per crisi aziendale non determini alcun commissariamento o altra limitazione dei poteri imprenditoriali e l’attività di controllo (ministeriale e non giudiziale) si limiti a verificare il corretto utilizzo delle integrazioni salariali a carico dell’Inps, la riconducibilità delle integrazioni salariali alle sospensione dal lavoro e il rispetto dell’eventuale rotazione dei lavoratori fungibili.”
Ed ancora “deduce che, per essere conforme alla Direttiva, la riduzione di personale da apportare in occasione del trasferimento di aziende in crisi deve essere fondata su effettivi esuberi, da riscontrare in sede giudiziale, nel rispetto delle norme che disciplinano il licenziamento collettivo, non potendo il trasferimento d’azienda costituire in sé motivo di valido recesso.”
Concludono infine, i Giudici di legittimità, che ai sensi del primo comma dell’art. 384 c.p.c., venendo risolta una questione di diritto di particolare importanza, in funzione nomofilattica va enunciato il seguente principio di diritto: “In caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell’articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n.675, ovvero per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività, ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, l’accordo sindacale di cui all’art. 47 della l. 29 dicembre 1990, n. 428, comma 4-bis, inserito dal d.l. n. 135 del 2009, conv. in l. n. 166 del 2009, può prevedere deroghe all’art. 2112 c.c. concernenti le condizioni lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario“.