La Suprema Corte, quarta sezione lavoro, con sentenza n. 12041 del 19 giugno 2020 ha stabilito che, “In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la disciplina prevista dagli artt. 10 e 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965 deve essere interpretata nel senso che l’accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del cd. danno differenziale, sia nel caso dell’azione di regresso proposta dall’ INAIL, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale tra fatto ed evento dannoso”

Precisano i Giudici di legittimità, “Ai sensi dell’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 1124 del 1965, l’assicurazione obbligatoria prevista dal decreto citato esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nell’ambito dei rischi coperti dall’assicurazione, con i suoi limiti oggettivi e soggettivi, per cui laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di presupposti, l’esonero non opera; in tali casi, per il risarcimento dei danni convenzionalmente definiti “complementari”, vigono le regole generali del diritto comune previste in caso di inadempimento contrattuale (principio ribadito da questa Corte, sulla scorta di Corte cost. n. 356 del 1991, più volte: Cass. n. 1114 del 2002; Cass. n. 16250 del 2003; Cass. n. 8386 del 2006; Cass. n. 10834 del 2010; Cass. n. 9166 del 2017).
L’esonero del datore di lavoro non opera anche quando ricorre il meccanismo previsto dai commi dell’art. 10 citato successivi al primo, allorquando venga accertato che i fatti da cui deriva l’infortunio o la malattia “costituiscano reato sotto il profilo dell’elemento soggettivo e oggettivo” (così Corte cost. n. 102 del 1981), per cui la responsabilità permane “per la parte che eccede le indennità liquidate” dall’INAIL ed il risarcimento “è dovuto” dal datore di lavoro. Di qui la nozione di danno cd. “differenziale”, inteso come quella parte di risarcimento che eccede l’importo dell’indennizzo coperto dall’assicurazione obbligatoria e che resta a carico del datore di lavoro ove il fatto sia riconducibile ad un reato perseguibile d’ufficio; parallelamente l’art. 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965, nella ricorrenza del medesimo presupposto, consente all’INAIL di agire in regresso nei confronti del datore di lavoro “per le somme pagate a titolo di indennità” (cfr. Cass. n. 9166 del 2017).

Secondo gli Ermellini,  “l’azione proposta dall’INAIL contro i lavoratori, estranei al rapporto assicurativo, responsabili dell’illecito compiuto in esecuzione del lavoro cui erano preposti o addetti, oltre che contro il datore di lavoro, trova il suo fondamento nella disciplina speciale di cui agli artt. 10 e 11 del D.P.R. n.1124 del 1965 e non nell’art. 1916 c.c.; si argomenta, tra l’altro, che, concedendo il regresso in luogo della surroga, risulterebbero ampliati i poteri dell’Istituto e le sue pretese recuperatorie, evidentemente a vantaggio della “efficacia monitoria” dell’azione, “coerente con i fini generali di prevenzione che presiedono alla disciplina”.

Continuano “Tanto non corrisponderebbe al vero se per l’esercizio dell’azione di regresso venissero richiesti criteri di accertamento di tipo penalistico, senz’altro più gravosi di quelli sufficienti per la surroga ex art. 1916 c.c. Infine, con la sentenza n. 5160 del 2015, le Sezioni unite civili, nell’affrontare la questione del termine di prescrizione del regresso in mancanza di processo penale, hanno collocato il diritto proprio dell’INAIL, nascente dal rapporto assicurativo, nel sistema generale della responsabilità civile, ritenendo l’azione dell’Istituto “in qualche misura assimilabile ad un’azione di risarcimento danni promossa dall’infortunato”; in particolare, nel dirimere il contrasto insorto all’interno della Sezione lavoro, hanno adottato la soluzione secondo cui il termine prescrizionale decorre dal momento di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato proprio sull’assunto della “ormai pacifica autonomia del sistema civilistico della rivalsa rispetto al sistema penale della responsabilità del datore di lavoro””.

Ed infine, “Autonomia del giudizio civile rispetto ad una non più praticabile pregiudizialità penale che costituisce, appunto, uno degli argomenti che ha spinto questo Collegio a propendere per una soluzione, circa l’accertamento della responsabilità civile del datore di lavoro evocato in giudizio dal lavoratore infortunato o ammalato, che non può essere diversa – se non al prezzo di una insanabile incongruenza sistematica – da quella stabilita per il regresso dell’INAIL nei confronti del datore medesimo.”

 

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Diritto del lavoro

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