La Corte di Cassazione con sentenza n. 10526 del 03.05.2018, afferma la sussistenza del diritto dei prestatori, con contratto part-time ciclico, all’inclusione anche dei periodi non lavorati nell’anzianità contributiva, posto che gli stessi discendono dalla normale esecuzione del rapporto a tempo parziale e non dalla sua sospensione.
E’ la storia di una delle tante lavoratrici che, al fine di vedersi riconosciuta l’anzianità contributiva per 52 settimane per tutti gli anni durante i quali aveva lavorato in regime di part-time verticale, con accredito dei soli contributi effettivamente versati distribuiti nell’arco dell’anno secondo un regime di continuità del rapporto, ricorre giudizialmente contro l’Inps.
In realtà sono diversi i Tribunali che si sono espressi in favore di questa categoria di lavoratrici che si trovano per tre mesi su dodici sospese dalla propria attività, senza contributi versati e senza stipendio. Tra le ultime sentenze ricordiamo quella del Tribunale di Bergamo che, seguendo il principio richiamato dalla Corte Europea, fondato sulla non discriminazione tra i lavoratori a tempo parziale e a tempo pieno attraverso i trattamenti contributivi “accerta il diritto delle ricorrenti all’accredito dell’intera contribuzione annua di 52 settimane in relazione ai periodi di lavoro part-time ciclico svolto” .