La Suprema Corte, Terza Sezione civile, con ordinanza n. 8819 del 12 maggio 2020, ha stabilito che nel giudizio di merito avente ad oggetto il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale il dovere officioso di cooperazione istruttoria non può essere escluso dal giudizio di non credibilità soggettiva relativo alle dichiarazioni del ricorrente, trattandosi di un accertamento sull’attuale condizione del paese di origine che deve precedere e non seguire la valutazione della prova, salvo che la difesa dell’istante non abbia esposto fatti storici idonei a renderne possibile la valutazione o abbia espressamente e motivatamente rinunciato ad una delle possibili forme di protezione.

Secondo i Giudici di legittimità “questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. 1104/2020), alla luce dell’insegnamento di cui a Cass. S.U. n. 29459 del 2019, che i presupposti necessari ad ottenere la protezione umanitaria devono identificarsi autonomamente rispetto a quelli previsti per le due protezioni maggiori, e che le due valutazioni non sono sovrapponibili, il che è a dire che i fatti funzionali ad una positiva valutazione della condizione di vulnerabilità ben potrebbero essere gli stessi già allegati per le protezioni maggiori. Non può, pertanto, darsi seguito (poichè privo di qualsivoglia fondamento normativo, e frutto di un’interpretazione in malam partem impredicabile in tema di diritti fondamentali) all’orientamento talvolta espresso da questo stesso giudice di legittimità (Cass. 21123/2019 – la cui motivazione si risolve in un’autentica tautologia, in punto di valutazione della credibilità del ricorrente – nonchè Cass. 7622/2020), secondo cui dovrebbero essere allegati, ai fini del giudizio reso in  tema di protezione umanitaria, fatti diversi da quelli prospettati per le altre forme di protezione – affermazione che contraddice il basilare dovere del giudice di qualificazione della domanda sulla base degli stessi fatti storici allegati dalla parte istante, come si è già avuto modo di chiarire in precedenza”

Continua “… E, come ancora ricordato dalle Sezioni unite, le relative basi normative “non sono affatto fragili”, ma “a compasso largo”: l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 Cedu, comporta l’evoluzione della norma (elastica) sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorirne e di radicarne l’attuazione. In conformità con l’approccio scelto da questa Corte (inaugurato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, e seguito, tra le altre, da Cass. 19 aprile 2019, n. 11110 e da Cass. n. 12082/19, oltre che dalla preponderante giurisprudenza di merito) e condiviso dalle Sezioni Unite, occorre, pertanto, accordare rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale.”

Condividi

Generali

I commenti sono disabilitati.

Utilizziamo i cookie per migliorare la tua esperienza sul nostro sito web e per raccogliere dati di navigazione anonimi a fini statistici.

Privacy Settings saved!
Impostazioni

Quando visiti un sito Web, esso può archiviare o recuperare informazioni sul tuo browser, principalmente sotto forma di cookies. Controlla qui i tuoi servizi di cookie personali.

Questi cookie sono necessari per il funzionamento del sito Web e non possono essere disattivati nei nostri sistemi.

Questi cookie sono necessari al corretto funzionamento del nostro sito web e della piattaforma con cui è costruito.
  • wordpress_test_cookie
  • wordpress_logged_in_
  • wordpress_sec

Rifiuta tutti i Servizi
Accetta tutti i Servizi